Le origini dell'olio sono avvolte nel mistero: certamente la pianta d'ulivo era già diffusa naturalmente in quasi tutta l'area mediterranea, ma le prove del suo sfruttamento e della sua coltivazione possono essere fatte risalire al VII millennio a.C. Nella Bibbia il ramoscello d'ulivo ha un altissimo valore simbolico e nel codice di Hammurabi viene regolata la produzione e la commercializzazione dell'olio d'oliva, evidenziandone quindi il largo uso e la sua importanza. Importanza che crebbe per usi e diffusione in Grecia, dove lo troviamo menzionato in moltissime leggende e documenti che ne descrivono i molteplici utilizzi. L'Attica era particolarmente ricca di uliveti e pare che atleti vincitori di competizioni venissero premiati anche con anfore colme d'olio. Si presume che coloni greci abbiamo portato per primi la coltivazione delle olive in suolo italiano, sebbene siano stati poi i Romani a diffondere in tutti i territori amministrati la coltura e cultura del consumo dei frutti degli ulivi. Famosi erano gli oli proveniente dagli uliveti del territorio di Venafro per quanto riguarda la parte centrale della penisola italiana, mentre al nord già allora erano imbattibili le coste della Liguria, sebbene fossero assai apprezzati anche gli oli provenienti dalla Liburnia. Gli innumerevoli documenti d'epoca romana, anche con firme autorevoli come Plinio, Catone, Columella, trattano l'argomento con dovizia di particolari: le olive mangiate sia ad inizio che alla fine del pranzo, con svariati condimenti e tipi di conservazione (ad esempio selezionando le migliori, tritandole e mischiandole con aromi e miele); causa l'assenza di conservanti, era abitudine conservare le olive e procedere all'estrazione dell'olio al momento di necessità. Gli olii erano classificati secondo vari parametri, ad iniziare dal momento della raccolta delle olive per passare attraverso la posizione del frantoio (fondamentale eseguire l'operazione in ambiente caldo per evitare che l'olio tendesse a rapprendere) oppure, evidentemente, a seconda della zona di raccolta che avrebbe fornito i frutti migliori in base alle caratteristiche del terreno del clima e dell'esposizione degli uliveti. Venivano così identificate cinque qualità di olio distinguibili dalla tipologia di olive da cui veniva estratto: oleum ex albis ulivis da olive verdi, oleum viride da olive più avanti nel processo di maturazione, oleum maturum da olive mature, oleum caducum, da olive cadute e infine oleum cibarium ricavato da frutti quasi passiti. Particolarmente pregiate e ricercato doveva essere quest'ultimo dato che, dando credito ad Apicio, esistevano descrizioni di passaggi e di "ingredienti" necessari per spacciare l'inferiore olio spagnolo per Liburnico. All'opposto della scala qualitativa degli olii di Venafro, di Liburnia e di Liguria stavano invece quelli del Nord Africa, usati solo ed esclusivamente come oli da illuminazione. Nel nord della penisola era già allora, come abbiamo visto, estremamente rinomato l'olio di Liguria, la cui vocazione olearia è da sempre stata favorita dal clima e dalla composizione dei terreni; la regione ligure non ha mai subito significativi abbattimenti della produzione nel corso dei secoli come capitato ad altre zone della penisola, sia per i motivi appena elencati sia per la tenacia delle popolazioni locali, assai fiere della propria indipendenza. Anzi, nel settecento assistiamo ad un vero e proprio picco produttivo e navi cariche del prezioso oro verde, raggiungevano moltissimi luoghi del globo, portando ricchezza e diffondendone l'uso. Ed è proprio in Liguria, nella Riviera di Ponente, che venne introdotta dai Benedettini a cavallo tra il VII e VIII sec la qualità taggiasca, cultivar estremamente pregiato da cui si ricava l'olio extra vergine omonimo. Insediatesi nella Valle Argentina in provincia di Imperia, esattamente a Taggia, costruirono un convento e iniziarono gli innesti tra un ulivo selvatico locale e quello portato da Cassino. I secoli, il territorio ed il microclima hanno regalato al mondo una varietà pregiatissima in grado di restituire un olio di qualità superiore.

Gli oli di oliva sono ottimi compagni della salute, sono ricchi di biofenoli, dotati di proprietà antimicrobiche, antiossidanti e antinfiammatorie.

Dopo questo brevissimo excursus è anche opportuno chiarire cosa si intenda per olio extravergine: un olio è vergine quando è ottenuto unicamente da processi meccanici in modo da non alterare chimicamente il prodotto. L’extravergine è, semplificando, il miglioramento dei processi produttivi meccanici menzionati prima atti a creare un prodotto con specificità maggiori come un contenuto di acido oleico non superiore al 0,8%.

Compagnia del Pesto genovese utilizza un olio selezionato, delicato, leggero e gustoso.